Non è facile inquadrare i Quarto Podere, gruppo tra i più longevi di Firenze e tra i più stilisticamente trasversali, dato che dal 1992 ad oggi si sono divertiti a giocare con tutti i generi musicali possibili.
Loro si autodefiniscono da sempre “Rock agricolo” e forse è l’unica etichetta possibile, in quanto l’unico denominatore comune in tutte le fasi della loro produzione artistica è il riferimento alla terra, intesa largamente come territorio, come vernacolo, come usanze e tradizioni toscane, ma anche più in senso stretto come terreno agricolo tramite il quale esporre in musica l’esperienza della vita di campagna e del mestiere di contadini.
Prìncipi della goliardia e dei giochi di parole, come si evince già dal nome che rimanda scherzosamente al film del 1941 “Quarto potere” di Orson Welles, hanno raggiunto molteplici volte l’apice della genialità, ma senza esserne consapevoli, il che è da sempre il loro punto di forza. Il gruppo nasce ufficialmente nel °92 da Jacopo Biliotti (Gastone Podere, chitarre, cori e autore della maggior parte dei brani), Alberto Favilli (Vinicio Podere, voce e inizialmente percussioni) e Gabriele Bassi (Guido Podere, basso e cori), che si completerà l’anno successivo con l’ingresso di Marco Montuori (Cipriano Podere, batteria e percussioni).
Il quartetto, dal sound prettamente hard rock (forse il primo caso di band di questo genere con testi in vernacolo fiorentino), inciderà il primo album ufficiale, “Quarto Podere” (Allmusic) nel 1999, che contiene tre pietre miliari della loro produzione: “Reggo l’anima coi denti”, “Accidentattettomà”, ma soprattutto la loro bandiera “Glià più garbo un ciuco a bere a boccia”, che verrà riproposta negli anni in varie versioni.
Segue l’album “Canòne inverso” del 2002, anch’esso contenente dei grandi classici come “Trattami male”, “Battiedi un crepente” e uno dei loro capolavori, “I’ Medioevo”, ancora oggi cantato a squarciagola dai fans ai loro concerti, che sono show surreali a metà tra una veglia sull’aia e un live degli Skiantos. Sempre nel 2002 entra in formazione il quinto elemento, Tommaso Baggiani (Ivo Podere, chitarra e batteria), mentre due anni dopo è la volta dell’ingresso dell’eclettico polistrumentista Francesco “Frank” Diddi (Abu Omar Podere, chitarra, flauto traverso, synth, sax, banjo, cori), che curerà anche la produzione dei successivi lavori in studio.
Nel 2017 Diddi lascia la band e nel frattempo i membri della band iniziano gradualmente un riavvicinamento alle origini della musica toscana: i vari membri a turno militeranno nell’orchestra popolare “La Nuova Pippolese”, mentre tutto il gruppo si aprirà all’esperienza della street band, dedicandosi al repertorio popolare toscano per le piazze del centro storico, ma anche nei centri anziani e nelle R.S.A.
Ne scaturirà il disco dal vivo “Canzoni della poera gente” (2019) contenente brani del folklore nostrano come “I’ trescone”, “Ti dissi di vienire”, “Su i’ filobus di Fiesole”, “La lallera” e il tango di Piazza Piattellina (“Tumi garbavi tanto”) di Gianni Abbigliati.
L’ultimo regalo in ordine di tempo che l’ensemble ci fa è datato dicembre 2021, con la pubblicazione del singolo “Qualucky”, brano storico dei Quarto Podere mai registrato in studio. La musica è quella del successo planetario “Get Lucky” dei Daft Punk, mentre il testo è la storia di un immigrato cinese che si ritrova a vivere nella piana nord-fiorentina, più precisamente a Quaracchi (da qui il titolo; il ritornello recita “Ci s'ha pe’ i’ capo Canton, ci s’ha pe’ i’ capo Shangai, ci sha pe’ i’ capo Wuhan, ma si sta tutti a Qualacchi...”).
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