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MAURO CORONA
( special guests )

Mauro Corona, scrittore, scultore, alpinista con all’attivo oltre 300 vie di scalata nelle Dolomiti d’oltrepiave. Un uomo, classe 1950, che da una vita difficile è riuscito a trarre tante virtù e una meritata attenzione da parte dei media che però lui non sembra amare molto.

Nato a Baselga di Piné, nei pressi di Trento Mauro scopre la sua prima grande passione, l’alpinismo, con il padre e, soli tredici anni, si rende protagonista della sua prima impresa, la scalata del monte Duranno, 2688 metri di altezza.

Apprende poi l’arte della scultura ligneadal nonno intagliatore e, pur frequentando le scuole elementari di Longarone per ben otto anni, è un grande divoratore di libri e tra i suoi scrittori preferiti ci sono nomi come Cervantes, Tolstoj e Dostoevskij. Mette insomma tutte le premesse per quello che poi diventerà da “grande”. Ma la vita gli riserva sorprese amare. La madre, dopo la nascita del fratello che morirà annegato in Germania dove si era recato alla ricerca di un lavoro, abbandona ad un certo punto la famiglia. E nel 1963 Mauro assiste ad una delle più grandi colpevoli sciagure della storia italica, l’alluvione del Vajont, causata dalla tracimazione della diga invasa letteralmente da un pezzo della montagna sovrastante. Un disastro annunciato che cancella buona parte dei paesi vicini, da Longarone alla sua stessa Erto.

Un ricordo, raccontato nel suo “Vajont: quelli del dopo” (Mondadori, 2006) che non lo lascerà mai: “Ancora sento l’enorme boato che precedette e accompagnò l’onda assassina – dice lo scrittore – trecento milioni di metri cubi di montagna si rovesciarono nel lago sottostante. A distanza di cinquant’anniquando sento rumori violenti, mi scuoto e la mente torna inevitabilmente a quella notte”. Quell’evento, pur non avendo coinvolto in termini di vittime la sua famiglia, segna profondamente il giovane Corona che dopo numerose peripezie scolastiche si ritrovò prima a lavorare nelle cave di marmo del monte Buscada, a fare poi il servizio militare all’Aquila negli alpini e infine, tornato a casa, ad essere assunto come scalpellino riquadratore, lavoro che gli diede l’occasione di farsi notare per le sue sculture lignee.

Un mercante d’arte di passaggio ad Erto, dove c’è il suo rifugio-laboratorio pieno di legno e carta, le acquista tutte. Poi la sua prima mostra, organizzata a Longarone nel 1975. Ma la notorietà Mauro Corona la conosce soprattutto grazie alla sua attività letteraria che prende il via con “Il volo della martora” (Vivalda Editori 1997). Amico fraterno di scrittori come Erri De Luca, Paolo Rumiz e soprattutto dello scomparso Mario Rigoni Stern, vince nel 2014 il premio letterario dedicato al “sergente nella neve” con la “Voce degli uomini freddi” (Mondadori, 2013). “Per me – disse in quell’occasione – questo premio ha un valore diverso e non solo perché Mario Rigoni Stern e le sue pagine mi hanno commosso. La mia scalata è stata una scalata al contrario e per me, questo premio dedicato a Mario, è il riscatto da una vita scellerata.

Quest’uomo amante, come il “narratore di Asiago”, delle sua montagne e dei suoi boschi, ha collezionato tante e belle pubblicazioni che in molti casi ricordano quelle di Rigoni Stern, soprattutto quando descrive la natura incontaminata che lo circonda, come è il caso del suo ultimo “I misteri della montagna” (Mondadori, 2015). Ma che si differenzia quando invece sono le persone che lo circondano e la sua terra, quel Friuli di frontiera, spesso dimenticato, ad essere i protagonisti dei suoi scritti, vedi “I fantasmi di pietra” (Mondadori, 2006) o “Storia di Neve” (Mondadori, 2008). Oltre al premio prima citato lo scrittore-scultore-alpinista di Erto ha vinto nel 2011 il Bancarella con “La fine del mondo storto” (Mondadori, 2010), vero e proprio monito sulle possibilità della fine di un mondo sbagliato, storto appunto, basato sullo sfruttamento delle risorse naturali.

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